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Platform for sustainable finance: report finale per la tassonomia sociale
Martedì 08 marzo 2022

Lo scorso 28 febbraio 2022 è stato pubblicato il report finale di proposta per la strutturazione della tassonomia sociale europea. Il documento è stato redatto dalla Piattaforma per la Finanza Sostenibile, su indicazione della Commissione Europea. L’obiettivo principale di questo report è fornire le prime linee guida alla Commissione per istituire un corpus di regole che comporrà la tassonomia sociale. In modo similare alla tassonomia green, già pubblicata ma con ancora molti punti scoperti, la tassonomia sociale fornirà agli investitori, e non solo, le linee guida per valutare la sostenibilità sociale di un’attività economica.

Partendo da documenti approvati a livello internazionale di diritto, la struttura della tassonomia sociale è costruita guardando ai soggetti interessati dalle attività economiche: i lavoratori, i consumatori e le comunità che direttamente o indirettamente entrano in contatto con la catena produttiva. In tal senso, nel report si propone una struttura contenente tre obiettivi principali, ciascuno dei quali rivolto a un gruppo specifico di stakeholder:

1. Lavoro dignitoso in tutta la catena di valore (lavoratori);

2. Adeguati standard di vita e di benessere (consumatori);

3. Società inclusiva e sostenibile (comunità).

Questi verranno quindi declinati in sotto-obiettivi in modo da ottenere una regolamentazione dettagliata e granulare capace di comparare in modo oggettivo anche le più differenti attività economiche.

Le preoccupazioni riguardo una nuova tassonomia sociale sono molteplici. Le aziende, da un lato, temono l’accumularsi di costi aggiuntivi causati da nuove reportistiche. Dall’altro, i regolamentatori e gli investitori, dubitano circa la possibilità di rendere misurabili delle attività che per loro natura sono difficilmente quantificabili. Per i primi la proposta è di introdurre nuove regolamentazioni che siano in linea con la tassonomia green, in modo da estendere facilmente la reportistica già in essere. Per i secondi, sono stati proposti numerosi criteri per rendere gli indicatori della tassonomia sociale oggettivi e comparabili. Ad esempio, si suggerisce che gli indicatori siano legati alle norme vigenti e che offrano una misurazione quanto più precisa, chiara e vicina all’obiettivo dell’indicatore stesso.

Rimane comunque aperto un ultimo punto di discussione: come relazionare la tassonomia verde e la tassonomia sociale. Il punto cruciale è evitare di categorizzare come sostenibili socialmente attività economiche che non rispettano in alcun modo gli standard minimi di sostenibilità ambientale. A questo proposito sono state avanzate due ipotesi. Nella prima si ipotizzano due regolamentazioni, ambientale e sociale, che rispettino le salvaguardie minime l’una dell’altra. Nella seconda ipotesi si valuta di creare due regolamentazioni estremamente interconnesse e omogenee.

Ora spetta alla Commissione Europea pubblicare il report finale di risposta a questa bozza. L’obiettivo finale è completare con l’ultimo tassello, rappresentato dalla tassonomia sociale, il quadro normativo proposto dall’Action Plan on Sustainable Finance, composto dalla Corporate Sustainability Reporting Directive (Csrd), la Sustainable Finance Disclosure Regulation (Sfdr), la Directive on Corporate Sustainability Due Diligence e, ovviamente, la tassonomia green. Se la Commissione darà il nulla osta, i prossimi step sono già stabiliti e dovranno includere:

1. il chiarimento delle salvaguardie minime;

2. lo studio sull’impatto del Regolamento sui diversi stakeholder interessati;

3. l’elaborazione e la prioritarizzazione dei sotto-obiettivi per ciascun obiettivo.

Tassonomia verde ad un bivio
Martedì 08 marzo 2022

articolo di Davide Stocco pubblicato su FinRiskAlert

Sì al nucleare e sì al gas: così la Commissione Europea si ritrova a doversi difendere da sé stessa e da alcuni Stati Membri. La pubblicazione del secondo atto delegato della Tassonomia verde introdotta nel 2020 ha creato forti dissapori sia all’interno che all’esterno dell’istituzione. Ma prima di addentrarci negli ultimi sviluppi della “questione verde”, capiamo meglio di cosa si tratta la Tassonomia Ue.

Cos’è la Tassonomia verde Ue

Nel dicembre 2019, la Commissione Europea presenta il “Green Deal” europeo, una ambiziosa strategia per combattere il cambiamento climatico e rendere l’economia europea efficiente e competitiva. Il perimetro d’azione è delimitato da tre pilastri: il raggiungimento della neutralità carbonica entro il 2050, la formulazione di una crescita economica dissociata dall’uso delle risorse e l’inclusione di tutti i cittadini europei. Tutto ciò verrà sostenuto finanziariamente da un terzo dei 1800 miliardi di euro di investimento del piano “NextGenerationEU” e dal bilancio settennale dell’UE, ma non basta.

Per centrare questi obiettivi, servono investimenti pubblici e, soprattutto, privati in tutta l’UE che si traduce in una forte necessità di regole il più possibile precise e condivise. In questo contesto Bruxelles redige la cosiddetta Tassonomia, entrata in vigore ufficialmente nel luglio 2020. Si tratta di un “sistema di classificazione che stabilisce una lista delle attività economiche sostenibili per l’ambiente”, fornendo agli investitori un vademecum per riconoscere quali attività siano sostenibili.

Il Regolamento della tassonomia definisce 6 obiettivi ambientali da perseguire: mitigazione del cambiamento climatico, adattamento al cambiamento climatico, uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine, transizione verso l’economia circolare, prevenzione e controllo dell’inquinamento e protezione e restauro della biodiversità e degli ecosistemi. Una attività economica viene quindi riconosciuta come sostenibile se contribuisce al raggiungimento di almeno uno di questi obiettivi, non ledendo eccessivamente gli altri e rispettando alcune garanzie sociali.

Qui il seme della discordia. Definire i dettagli tecnici di questa “antologia della sostenibilità” non è solo un lavoro titanico ma risulta anche essere una dura battaglia politica. Essere annoverati tra le attività “green” non è una mera questione di classificazione, ma, soprattutto, un punto cruciale per poter attrarre investimenti. Secondo un report di Morningstar1, durante il 2020 è quasi raddoppiato il flusso di investimenti sostenibili raggiungendo i 223 miliardi di euro. Non proprio briciole.

Nucleare e Gas: in o out?

Data l’eterogeneità e numerosità delle attività economiche, il Regolamento del luglio 2020 non copre tutte le attività economiche, ma lascia spazio a successivi atti delegati per renderlo sempre più completo ed 

esaustivo. Questi servono per definire meglio cosa può essere finanziato con soldi pubblici destinati agli investimenti verdi, ma anche quali attività si possono inserire nei portafogli di investimento definiti sostenibili per non evitare il “greenwashing”.

Il primo atto delegato entra in atto il 1 gennaio 2022 e già un mese dopo viene pubblicata la bozza del successivo, intitolato “EU Taxonomy Complementary Climate Delegated Act covering certain nuclear and gas activities”. Già prima della pubblicazione, il secondo atto delegato genera forti discussioni, anche all’interno della Commissione stessa. Le nuove regole concedono che, ad alcune condizioni, il gas e il nucleare possano essere considerate energie di transizione sostenibile.

Per quanto riguarda il nucleare, il rapporto pubblicato afferma che le analisi non hanno rivelato alcuna prova scientifica che l'energia nucleare arrechi più danni alla salute umana o all'ambiente rispetto ad altre tecnologie di produzione di elettricità. Inoltre, lo stoccaggio dei rifiuti nucleari in formazioni geologiche profonde - problema principale per l’utilizzo di questa energia - è ritenuto appropriato e sicuro. Queste affermazioni interpretano i risultati del Joint Research Centre (ossia che attualmente non vi sia “alcuna esperienza operativa a lungo termine poiché le tecnologie e le soluzioni sono ancora in fase di dimostrazione e sperimentazione") guardando al bicchiere mezzo pieno.

Per quanto riguarda le centrali elettriche alimentate a gas naturale, possono essere considerate sostenibili secondo la Tassonomia a patto di tre condizioni: se producono emissioni inferiori a 270 g di CO2 equivalente per ogni kilowattora prodotto, se sostituiscono un impianto a combustibili fossili più inquinante, e se ricevono un permesso di costruzione entro il 31 dicembre 2030. L’utilizzo di gas ed energia nucleare verrebbe quindi etichettato come sostenibile in quanto attività di transizione, cioè di supporto per il raggiungimento di un più alto obiettivo.

I “puristi” della sostenibilità considerano queste decisioni risultano fortemente inaccettabili. Anche la stessa “Platform on Sustainable Finance”, un gruppo di esperti nato all’interno della Commissione stessa con l’obiettivo di assisterla nello sviluppo delle proprie policy di finanza sostenibile, mostra dissenso2. Ancora più forte è però il rischio che corre Bruxelles di un’azione legale separata da parte dei Paesi dell’Ue contrari alle nuove proposte sulla Tassonomia, come Austria e Spagna.

Nei prossimi mesi il Parlamento europeo e il Consiglio (con un veto di almeno 20 Paesi che rappresentino almeno il 65% della popolazione dell’Ue) dovranno confermare o meno l’inserimento del nucleare e del gas nella Tassonomia. L’Ue dovrà giocare una partita in equilibrio tra due fuochi: da un lato la necessità di decarbonizzare la propria economia, dall’altro di ridurre la propria dipendenza energetica, in particolare dal gas proveniente dall’est Europa e dalla Russia.

1) https://www.morningstar.it/it/news/209409/i-record-dei-fondi-sostenibili-europei-nel-2020.aspx
2) https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/business_economy_euro/banking_and_finance/documents/220121-sustainable-finance-platform-response-taxonomy-complementary-delegated-act_en.pdf
Esg: la nuova sfida delle società quotate italiane
Lunedì 17 gennaio 2022

Le questioni ambientali, sociali e di governance (ESG) stanno assumendo sempre maggior rilievo nel mondo finanziario: un numero crescente di investitori considera importante incorporare i valori ambientali e sociali nella proprie scelte finanziarie anziché considerare unicamente i potenziali di redditività e di rischio presentati da un investimento.

La crescita delle aspettative nei confronti degli standard ESG ha portato le aziende ad adottare un approccio proattivo alla gestione dei rischi e delle opportunità ad esso collegate. Ne consegue che le attività aziendali legate alla sostenibilità e alla performance aziendale sono intrinsecamente collegate.

Oggi le aziende devono rispondere alla richiesta sempre crescente di investimenti dedicati al tema ESG ed alla crescente necessità di informative ESG trasparenti e dettagliate.

Ciononostante, sono ancora poche le aziende che integrano i driver ESG nei propri modelli di business e le normative sulle modalità di reporting delle iniziative legate alla sostenibilità sono incomplete e poco strutturate, impendendo agli investitori di valutare in modo chiaro e sistematico la quantità e qualità dell’impegno aziendale in tema ESG.

Il progetto di QFinLab si colloca in questo complesso panorama e mira ad offrire all’audience degli investitori nel mercato italiano uno strumento per la valutazione delle attività ESG che sia esaustivo (prendendo in considerazione tutte le società italiane quotate nel mercato azionario), trasparente (utilizzando criteri di valutazione chiari e comparabili) e verificabile (basandosi solo sulle documentazioni ufficiali prodotte dalle aziende).